Approssimandosi le festività natalizie torna utile dare una rispolverata alle norme fiscali che interessano gli “omaggi”, occupandoci in questa sede dei beni che vengono distribuiti gratuitamente dalle imprese ai loro clienti.
Per un cenno alle disposizioni normative è bene iniziare dal TUIR (n. 917 – 1986) il cui art. 108, dopo avere trattato delle spese di rappresentanza in generale, precisa che “Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a€ 50,00” (che non devono essere conteggiate nemmeno ai fini del limite di deducibilità delle altre spese di rappresentanza, rapportate all’ammontare dei ricavi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi).
Ai fini dell’integrale deducibilità dal reddito quindi, ciò che conta è il valore dei predetti beni, a prescindere che essi siano stati comprati per essere omaggiati oppure siano stati prodotti o acquistati ai fini della rivendita (cioè merci) e poi successivamente destinati ad essere regalati.
Se il costo di produzione o d’acquisto dei beni dovesse essere invece d’importo superiore a € 50,00, si entra a pieno titolo nella deducibilità della complessiva voce di spese di beni per rappresentanza, consentita fino all’1,3 % dei ricavi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi fino a € 10 milioni, e in percentuali decrescenti per ricavi fiscali di ammontare superiore (vedasi D.M. Economia e Finanze 19.11.2008).
Per le imprese di nuova costituzione, le spese sostenute nei periodi d’imposta anteriori a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi, possono essere portate in deduzione dal reddito dello stesso periodo e di quello successivo se e nella misura in cui le spese sostenute in tali periodi siano inferiori all’importo deducibile (vedasi D.M. Economia e Finanze 19.11.2008).
Il trattamento fiscale dell’IVA è invece più articolato e tiene conto della differenza tra beni ordinariamente commercializzati dalle imprese e beni acquistati per essere omaggiati, sia sotto l’aspetto della detraibilità dell’imposta all’atto dell’acquisto che dell’esigibilità all’atto della consegna, oltre che in dipendenza del loro valore.
Infatti dal combinato disposto dagli artt. 2 c. 2 n. 4, 19 e 19 bis1 c. 1 lett. h) D.P.R. 633/1972 si evince che:
l’IVA sugli acquistidi beni da omaggiare, NON commercializzati dall’impresa
è interamente detraibile se il costounitario di essi non supera € 25,82 (occhio quindi alle ceste natalizie che, composte ciascuna da diversi beni, se dovessero costare oltre € 25,82 d’imponibile, ricadrebbero nell’impossibilità della detrazione dell’imposta);
è indetraibile (e quindi l’IVA verrà sommata al costo) se il costo unitario di essi supera € 25,82;
l’IVA a debito dovuta all’atto della consegna di beni omaggiati, NON commercializzati dall’impresa
non sarà dovuta per i beni il cui costo non supera € 25,82 (fuori campo art.2 , c. 2, numero 4) D.P.R. 633/72);
non sarà dovuta se non è stata detratta l’IVA all’atto dell’acquisto – per scelta, prevedendo che i beni sarebbero stati omaggiati oppure perché il costo unitario dei beni supera € 25,82 – (fuori campo art. 2, c.2, numero 4) D.P.R. 633/72 );
l’IVA sugli acquistidi beni da omaggiare, commercializzati dall’impresa, sarà stata detratta dall’impresa in quanto si riteneva che i beni acquistati dovessero essere rivenduti (si pensi alla cartoleria che acquista agende – senza contrassegni aziendali – che verranno, in parte, omaggiate ai clienti);
l’IVA a debitodovuta all’atto della consegna di beni omaggiati, commercializzati dall’impresa, sarà dovuta e potrà essere contabilizzata a questo fine in un registro degli omaggi in cui annotare la data, la descrizione del bene, il valore normale pari al prezzo al quale sarebbe stato venduto suddiviso in base all’aliquota propria, tra imponibile e IVA; in alternativa l’impresa potrà emettere apposita autofattura riepilogativa delle consegne del mese.
In ogni casistica, l’emissione del documento di trasporto, sul quale annotare la causale di trasporto “omaggio”, avrà lo scopo di documentare l’effettiva consegna del bene e consentirà al donatario di vincere la presunzione di acquisto di cui al D.P.R. 441/1997.
Lo Studio rimane a disposizione per ogni eventuale chiarimento in merito.
Il Governo sta cercando la soluzione per i lavoratori che, richiedendo la ricongiunzione dei contributi, devono ora pagare somme molto onerose.
Una delle questioni su cui si sta battendo il ministro del Welfare, Elsa Fornero, riguarda la reintroduzione (per lo meno per alcune categorie di lavoratori) della ricongiunzione dei contributi gratuita. I diretti interessati dovrebbero essere coloro che non traggono alcun beneficio evidente da tale operazione, escludendo in ogni caso i titolari di assegni più elevati. Dunque, l’obiettivo è quello di tornare alla ricongiunzione gratuita per chi non supera un determinato importo pensionistico. A tal fine, si attende la circolare ministeriale o dell’INPS che dovrebbe garantire ai lavoratori, che prima dell’entrata in vigore della L. n. 122/2010 sono passati dal settore pubblico a quello privato, senza oneri dei contributi.
In via preliminare è bene ricordare che la ricongiunzione dei contributi consente, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di poter di riunire tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione. La ricongiunzione avviene esclusivamente su richiesta del diretto interessato o dei suoi superstiti e deve comprendere tutti i periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, riscattata) che il lavoratore ha maturato in almeno due diverse forme previdenziali, fino al momento della richiesta e che non siano già stati utilizzati per liquidare una pensione.
Stop alla ricongiunzione gratuita – Fino al 30 giugno 2010 la ricongiunzione dei contributi nel F.P.L.D. maturati in ordinamenti pensionistici “alternativi” avveniva senza oneri per il richiedente. Dal 1° luglio 2010 (L. n. 122/2010) invece è stata eliminata la possibilità di trasferire nel F.P.L.D. dell’INPS in modo gratuito la contribuzione versata in altri fondi previdenziali, tra cui l’INPDAP.
Il problema – Ciò detto, il problema riguarda circa 600mila lavoratori (soprattutto quelli del pubblico impiego) che prima del 31 luglio 2010 hanno cessato l’attività nel settore pubblico, passando a quello privato e all’atto della richiesta di ricongiunzione, si sono visti richiedere il pagamento di somme ingenti (nell’ordine di diverse decine di migliaia di euro) se vogliono mantenere il trattamento pensionistico calcolato secondo il metodo retributivo. L’alternativa ci sarebbe, ossia la “totalizzazione”, tuttavia ciò determinerebbe una consistente riduzione dell’importo pensionistico mensile, visto che prevede l’applicazione del metodo contributivo.
La soluzione – Per questo motivo sia il Ministero del Lavoro che la ragioneria dello Stato, nonché l’INPS, stanno al momento valutando come reintrodurre la ricongiunzione gratuita nei confronti del maggior numero di persone possibile, escludendo le pensioni più alte e chi avrebbe dovuto pagare anche prima della L. n. 122/2010. Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo la copertura finanziaria che, a regime, ammonterebbe a circa 2,4 miliardi di euro.
Con la risoluzione n. 103/E del 4 dicembre 2012, l’Agenzia delle Entrate si è occupata di reddito di lavoro dipendente, effettuando importanti chiarimenti in merito alla ipotesi di assegnazione di azioni in misura eccedente rispetto all’importo conferito dal lavoratore dipendente. La risoluzione individua le modalità di determinazione del reddito di lavoro dipendente in caso di conferimenti non proporzionali in società per azioni inoltre, fa anche riferimento al regime fiscale applicabile agli utili e all’eventuale plusvalenza realizzata dai lavoratori/soci della società.
L’interpello – Il caso dell’interpello è relativo a una società per azioni che intende deliberare, un aumento di capitale in misura non proporzionale, per consentire l’ingresso nel capitale sociale a taluni propri dipendenti che si occupano della gestione degli investimenti della stessa società. Fino al 25 giugno 2008, l’assegnazione di azioni effettuata nei confronti di determinati lavoratori dipendenti, godeva di un particolare regime fiscale di favore, abrogato dal decreto legge 112/2008. Più precisamente, qualora l’assegnazione di azioni era rivolta a determinati lavoratori dipendenti o assimilati, individuati discrezionalmente dalla società promotrice dell’operazione, si rendeva applicabile l’articolo 51, comma 2, lettera g-bis), del TUIR, in materia di stock options. Una volta abrogata tale fattispecie, simili ipotesi sono state ricondotte nell’ambito dei fringe benefit e come tali, imponibili quali reddito di lavoro dipendente.
Attribuzione non proporzionale – Con riferimento a un primo quesito posto, l’Agenzia delle Entrate non ha condiviso la soluzione prospettata dalla società istante che riteneva non imponibili le azioni ricevute dai manager in misura non proporzionale, dal momento che queste ultime rappresentavano solamente il corrispettivo dell’apporto in denaro, pertanto dovevano intendersi svincolate dal ruolo di lavoratore dipendente della società interpellante. La risoluzione sottolinea come l’aumento di capitale sarebbe deliberato al solo scopo di consentire l’ingresso in società dei manager e che il conferimento non proporzionale sarebbe volto a gratificare coloro che, con le loro prestazioni, apportano utilità e benefici alla società, alla quale sono legati da un rapporto di lavoro dipendente. Tali circostanze sono state ritenute dall’Agenzia determinanti al fine di evidenziare il nesso tra lo status di lavoratore dipendente della Spa e il riconoscimento dei maggiori valori in sede di conferimento non proporzionale, rendendo inevitabile pertanto, la valorizzazione degli stessi ai fini della tassazione del reddito di lavoro dipendente. Qualificazione degli utili conseguiti – Per quanto riguarda ad un secondo quesito posto dalla società istante, l’Agenzia, nel condividere la soluzione prospettata dalla società, ha sostenuto che la percezione dei dividendi, ovvero dei proventi ottenuti dalla cessione delle partecipazioni è svincolata dallo status dal soggetto percettore, rilevando ai fini fiscali, la sola circostanza che il medesimo soggetto partecipi al capitale o patrimonio sociale. La qualifica di lavoratore dipendente (o assimilato) rileva infatti, esclusivamente al momento dell’offerta delle azioni, mentre la fase successiva non attiene in alcun modo al rapporto di lavoro subordinato intrattenuto dall’azionista con la società emittente. In questo contesto, possono verificarsi profili impositivi aventi carattere diverso da quello dei redditi di lavoro dipendente.